mercoledì 11 dicembre 2013

The Bloody Beetroots


Sir Bob (Cornelius) Rifo, aka The Bloody Beetroots, è un artista italiano (nato a Bassano) a tutto tondo. In una delle ultime inedite interviste ha rilasciato un excursus autobiografico dalla sua infanzia agli ultimi anni di produzione, fino a convergere nell'album rivelazione di questo Settembre: "Hide".
Bob cominciò ad entrare nel mondo della musica a soli 7 anni, dopoche i suoi genitori lo avevano iscritto al conservatorio (nei corsi di chitarra acustica e canto) al fine di combattere la sua "timidezza" (caratterstica poco riconosciuta dai media e dai fans, vista l'energia che sprigiona ad ogni live e in ogni suo componimento). Fin da piccolo era creativo e sognava di poter comporre della musica propria e innovativa(direi che il sogno si è avverato). Superata l'adolescenza Bob molla il conservatorio e comincia la sua carriera di compositore. All'inizio il suo desiderio era quello di creare una musica forte, arrogante e pretenziosa, trasmettendo pura energia all'ascoltatore. Fu così che Bob esordì con una band punk rock piuttosto aggressiva e bizzarra; il complesso non ebbe particolare successo ma evidenziò ugualmente la vivacità , la grinta, e soprattutto la  creatività fuori dal comune dell'artista veneto.
Gli insuccessi del punk rock lo portarono a voltare pagina cambiando radicalmente il genere della sua produzione musicale: nasceva così il progetto "The Bloody Beetroots".
E' il 2007, quando Rifo, affiancato dal disc jockey Tommy Tea, comincia la sua carriera di producer di musica elettronica. Il duo inizia ad entrare in voga a suon di electro per i locali italiani, distinguendosi anche per lo stile grazie alle caratteristiche maschere di Venom (uno dei più rilevanti antagonisti del supereroe Spider Man). In seguito i Bloody decisero di allestire uno studio di produzione e registrazione, arricchito da numerosi sequencer analogici e da sintetizzatori molto vari e complessi. Bob, in quanto artista, riesce ad entrare in confidenza facilmente con qualsiasi tipo di strumento in grado di dar vita ad un suono. E difatto il duo arrivò a produrre la bellezza di ben 45 remix in soli 2 anni (2007 e 2008); un dato spaventoso, ed è altrettanto spaventoso il successo quasi immediato che ottennero all'interno dell'electro house internazionale del momento, fino a raggiungere l'apice della fama mediante l'importante collaborazione con lo statunitense Steve Aoki (ideatore della label "Dim Mak") con il brano "Warp" (2009). Nonostante quest'ultimo successone, la loro produzione che meglio li rappresenta è l'album "Romborama" (2009): un album a dir poco sbalorditivo, ricco di sfumature derivanti da svariati generi musicali, affermando l'innata originalità di Bob che ancora oggi sorprende anche gli ascoltatori di qualsivoglia genere e periodo musicale.
Nella seconda fase della loro produzione i Bloody iniziano a muoversi anche in altri sottogeneri elettronici spaziando dall'indie dance/nu disco al progressive, all'elettronica sperimentale, continuando a rinnovarsi e trascurando le tendenze del momento. Nonostante l'abituale utilizzo di nuovi ed inesplorati sound, il duo manteneva un minimo comun denominatore: il loro stile indistinguibile e ineguagliabile, che associa bassi aggressivi e suoni "violenti" a melodie rilassanti e talvolta nostalgiche che favoriscono l'introspezione. Il progetto "The Bloody Beetroots" con gli anni si espanse e mutò l'aspetto del live abolendo il dj set e adoperando gli strumenti veri e propri; infatti Bob afferma che "la musica vera è quella degli strumenti, non quella dei synth"; e proprio per questo, a partire dal 2010, i Bloody si esibiscono live (per i primi due anni lo spettacolo live si chiamava "Death Crew 77"): Bob come chitarra e voce,  Mad Harris alla tastiera e Edward Grinch come terzo membro alla batteria (inizialmente il batterista era Jacopo Battaglia aka Battle ).
Negli anni seguenti i Bloody si incentrarono proprio sulla perfetta esecuzione delle loro performance dal vivo, tralasciando la produzione e sfornando solamente qualche singolo, di gran lunga meno sensazionali rispetto alla produzione precedente (conservando ad ogni modo il loro stile e la loro energia).
Successivamente Bob, dopo l'enorme successo a livello globale, esaltando le folle dei club e dei festival più importanti al mondo, sentì il bisogno di tornare a produrre un album in grado di ribadire il suo genio compositivo; fu così che nacque "Hide".

Già dal 2012 i Bloody, dopo aver firmato il prestigioso contratto con l'Ultra Records, rilasciarono degli EP (come "Rocksteady" e "Chronicles of a fallen love") diversi dagli ultimi 2 anni e nuovamente originali ed incisivi: i Bloody erano tornati. Quest'anno Bob, grazie ad "Hide", si ritrova nuovamente tra i big dello scenario della musica elettronica; l'album possiede 15 canzoni e ciascuna possiede un suo filo logico e una sua anima indipendente; a far da mediatore fra i brani persiste il solito stile di Rifo, ma rinnovato. Eh si, l'album è proprio l'emblema del rinnovamento di Bob, che ha saputo mantenere la vecchia aggressività in stile electro conciliandola a nuovi sound (specialmente distorti) in stile complextro (sottogenere dell'electro, è molto recente, caratterizzato dalla variazione continua di suoni per frequenza e ritmo; è un connubio fra l'electro e la dubstep). E non finisce qui, la vera innovazione dell'album è la collaborazione di Rifo con artisti inediti e di fama mondiale quali Theophilius London, Tommy Lee, Greta Svabo, Dennis Lyxzèn, Youth (creatore dei Killing Joke ) e soprattutto uno dei più importanti personaggi della musica del secondo 900': Paul Mc Cartney (collaborando come vocal nel brano "Out of sight"). L'album contiene brani molto aggressivi ed altri più melodici e "delicati", ma sono tutti frutto del desiderio primario di Bob: rinnovare la musica elettronica (e non) del nuovo millennio e dare una forte scossa alle nuove tendenze dei sottogeneri house sempre più inclini a sound e preset plastificati e poco elaborati (come il progressive e la deep house).
Bob Rifo è in continuo mutamento e movimento: egli riesce a passare da un sottogenere all'altro ampliando la sua produzione musicale, e allo stesso tempo riesce a migliorarsi scovando nuovi sound e abbellendo la performance live, ormai adorata da tutti i suoi fans. "Hide" dimostra che Bob c'è, ed è disposto a dedicare anima e corpo al fine di creare un genere suo, una nuova impronta nello scenario della musica contemporanea e di dare un chiaro e importante messaggio: gli artisti devono comporre ciò che più li soddisfa, ciò che sentono dentro, ciò che meglio li rappresenta, anche andando fuori dagli schemi, e rifiutando le mode e le tendenze del momento.

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