Solita
premessa sugli spoilers: capitano,
guardatevi prima il film o stringete i denti.
Frank
Darbo (un credibilissimo Rainn Wilson, forse nella sua migliore performance) è
un uomo comune, fin troppo: da sempre maltrattato, vessato e sfruttato dagli
altri, pare aver finalmente trovato la sua via in compagnia della bella moglie
Sarah (Liv Tyler). Quando però poi il passato da tossicodipendente di Sarah
ritorna sotto forma del mellifluo Jacques (Kevin Bacon, sul pezzo come sempre),
tutto crolla: lei ricade nelle droghe e scappa con la sua nuova fiamma e lui
non ha più niente a cui aggrapparsi. Una rivelazione (o presunta tale) da parte
“dell’indice di Dio”, però, fa risalire in sella Frank, vestendo però i panni
di un violento vigilante mascherato, Saetta Purpurea, che, con una svitata
fanatica di fumetti nei panni di assistente al suo fianco (una lunatica Ellen
Page), cercherà giustizia.
Tutto in regola, no? Una genesi coi fiocchi per un classico supereroe, magari con quel tocco di dramma che ci piace tanto? No, Super è tutto il contrario. Super è (insieme al notevole Chronicle) il requiem dei cinefumetti. Oltre a questi due titoli, tutto è superfluo, tutto è stato detto.
Partiamo dalla base: James Gunn è un regista proveniente dalla scuderia della Troma, una delle più eccessive e deliranti case di produzione indipendente, abituata quindi al basso budget, esperta nello stravolgere concetti cari alla pop culture (come la storia d’amore di matrice shakespeariana con Tromeo and Juliet e la figura del supereroe con la saga di The Toxic Avenger, in particolare il primo e il quarto capitolo) con una sana dose di splatter, oscenità e politicamente scorretto, il tutto contenuto, nella quasi totalità delle numerose pellicole, da una regia e una messa in scena piuttosto solida, a dispetto dei pochi mezzi e delle pessime doti recitative degli interpreti.
Tutto in regola, no? Una genesi coi fiocchi per un classico supereroe, magari con quel tocco di dramma che ci piace tanto? No, Super è tutto il contrario. Super è (insieme al notevole Chronicle) il requiem dei cinefumetti. Oltre a questi due titoli, tutto è superfluo, tutto è stato detto.
Partiamo dalla base: James Gunn è un regista proveniente dalla scuderia della Troma, una delle più eccessive e deliranti case di produzione indipendente, abituata quindi al basso budget, esperta nello stravolgere concetti cari alla pop culture (come la storia d’amore di matrice shakespeariana con Tromeo and Juliet e la figura del supereroe con la saga di The Toxic Avenger, in particolare il primo e il quarto capitolo) con una sana dose di splatter, oscenità e politicamente scorretto, il tutto contenuto, nella quasi totalità delle numerose pellicole, da una regia e una messa in scena piuttosto solida, a dispetto dei pochi mezzi e delle pessime doti recitative degli interpreti.
Già
questo dovrebbe dire qualcosa sul risultato finale di questo film, in cui Gunn
non dimentica di certo delle sue origini.
Il regista. |
L’atmosfera è asfissiante, eccessiva e disturbante per tutta la sua ora e mezza, pur non mancando un massiccio uso di gag black humor che però lasciano sempre il dubbio se piangere o ridere, se entrare ancora di più nelle vicende o se distaccarcene disgustati: è un dualismo che attraversa tutta la pellicola, come nella scena di rivelazione divina trasformata in una sorta di tentacle rape o nello sviluppo del protagonista stesso, sempre in bilico se diventare il nostro eroe personale o il nostro peggior, instabile, iperviolento, incubo.
Ed è proprio Frank il fulcro del discorso dualistico: le visioni (che lui afferma di avere avuto “per tutta la vita”) sono il condizionamento di quella tv spazzatura sotto forma di delirio religioso su una mente instabile o vero verbo divino (“Signore, mi hai chiamato tu ad essere Saetta Purpurea o è solo una mia fantasia?”)? Fino a che punto è giusto punire ogni manifestazione del male? Quando questa azione passa da eroica a malvagia? Qual è la linea di confine tra supereroe e villain?
Frank è chiaramente uno psicopatico, così come psicopatica è Libby/Saettina, ma loro sono i buoni, che ci piaccia o no. In questo modo, con questo apparentemente semplice discorso Gunn ha destrutturato, analizzato e messo in discussione (e non è una discussione che si può risolvere facilmente) l’essenza stessa del supereroe, del mascherarsi per punire il crimine, del fine che giustifica i mezzi (?) come, ad esempio, grandi opere a fumetti come Watchmen e Il Ritorno Del Cavaliere Oscuro avevano già fatto negli anni ottanta, con pochi (e deludenti) strascichi di questo messaggio nelle trasposizioni cinematografiche ad opera di Zach Snyder e Chistopher Nolan.
Da
questo punto di vista Super è
l’esatto erede di quello che hanno cercato di dire Alan Moore e Frank Miller,
specialmente quest’ultimo riguardo alla figura di Batman: l’unica risorsa
contro il crimine a noi disponibile è un vecchio fascista individualista,
anarchico e iperviolento, con una morale deviata, ma è appunto la nostra unica
risorsa. Che fare?
Qui Frank, nel suo piccolo, trova, non senza sbandate non indifferenti, la sua “via” e porta ad una sua conclusione la sua vendetta, ma non senza sacrifici: Saettina muore (attenzione all’assenza di drammatizzazione nella sua morte: stiamo guardando l’evento con gli occhi di Saetta Purpurea, la nostra attenzione è su Sarah, la “principessa da liberare”) e solo dopo, in una toccante scena in cui la macchina da presa indugia sul cadavere di lei posato con cura da Frank nel vano dell’auto, quelle stesse mani che fino ad un momento prima avevano portato in salvo la moglie si accorgono che forse, forse, la vera anima gemella era Libby, non Sarah, ma ora è troppo tardi e l’uomo torna a casa, conducendo la (ormai ex-) moglie verso un futuro non in sua compagnia.
“A volte mi sembra che la felicità sia sopravvalutata […] le persone felici sono arroganti.”. Frank resta solo, ma non senza speranza: se il tuo destino non è in grandi eventi, non è nel ruolo di protagonista, cosa ti resta? Le piccole cose, questa è la vera Rivelazione. Dai due momenti più belli della sua vita, inizia a “collezionarne” di nuovi, sempre di più e la sua vita diventa improvvisamente piena. Frank sorride e questo ci basta.
Voto: 8
Qui Frank, nel suo piccolo, trova, non senza sbandate non indifferenti, la sua “via” e porta ad una sua conclusione la sua vendetta, ma non senza sacrifici: Saettina muore (attenzione all’assenza di drammatizzazione nella sua morte: stiamo guardando l’evento con gli occhi di Saetta Purpurea, la nostra attenzione è su Sarah, la “principessa da liberare”) e solo dopo, in una toccante scena in cui la macchina da presa indugia sul cadavere di lei posato con cura da Frank nel vano dell’auto, quelle stesse mani che fino ad un momento prima avevano portato in salvo la moglie si accorgono che forse, forse, la vera anima gemella era Libby, non Sarah, ma ora è troppo tardi e l’uomo torna a casa, conducendo la (ormai ex-) moglie verso un futuro non in sua compagnia.
“A volte mi sembra che la felicità sia sopravvalutata […] le persone felici sono arroganti.”. Frank resta solo, ma non senza speranza: se il tuo destino non è in grandi eventi, non è nel ruolo di protagonista, cosa ti resta? Le piccole cose, questa è la vera Rivelazione. Dai due momenti più belli della sua vita, inizia a “collezionarne” di nuovi, sempre di più e la sua vita diventa improvvisamente piena. Frank sorride e questo ci basta.
Voto: 8